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In caso di dubbi sulla correttezza del contenuto di questa traduzione, l’unico riferimento valido è la documentazione ufficiale in inglese. Per maggiori informazioni consultate le avvertenze.

Original

Documentation/process/deprecated.rst

Translator

Federico Vaga <federico.vaga@vaga.pv.it>

Interfacce deprecate, caratteristiche del linguaggio, attributi, e convenzioni

In un mondo perfetto, sarebbe possibile prendere tutti gli usi di un’interfaccia deprecata e convertirli in quella nuova, e così sarebbe possibile rimuovere la vecchia interfaccia in un singolo ciclo di sviluppo. Tuttavia, per via delle dimensioni del kernel, la gerarchia dei manutentori e le tempistiche, non è sempre possibile fare questo tipo di conversione tutta in una volta. Questo significa che nuove istanze di una vecchia interfaccia potrebbero aggiungersi al kernel proprio quando si sta cercando di rimuoverle, aumentando così il carico di lavoro. Al fine di istruire gli sviluppatori su cosa è considerato deprecato (e perché), è stata create la seguente lista a cui fare riferimento quando qualcuno propone modifiche che usano cose deprecate.

__deprecated

Nonostante questo attributo marchi visibilmente un interfaccia come deprecata, non produce più alcun avviso durante la compilazione perché uno degli obiettivi del kernel è quello di compilare senza avvisi; inoltre, nessuno stava agendo per rimuovere queste interfacce. Nonostante l’uso di __deprecated in un file d’intestazione sia opportuno per segnare una interfaccia come ‘vecchia’, questa non è una soluzione completa. L’interfaccia deve essere rimossa dal kernel, o aggiunta a questo documento per scoraggiarne l’uso.

BUG() e BUG_ON()

Al loro posto usate WARN() e WARN_ON() per gestire le condizioni “impossibili” e gestitele come se fosse possibile farlo. Nonostante le funzioni della famiglia BUG() siano state progettate per asserire “situazioni impossibili” e interrompere in sicurezza un thread del kernel, queste si sono rivelate essere troppo rischiose (per esempio, in quale ordine rilasciare i lock? Ci sono stati che sono stati ripristinati?). Molto spesso l’uso di BUG() destabilizza il sistema o lo corrompe del tutto, il che rende impossibile un’attività di debug o anche solo leggere un rapporto circa l’errore. Linus ha un’opinione molto critica al riguardo: email 1, email 2

Tenete presente che la famiglia di funzioni WARN() dovrebbe essere usato solo per situazioni che si suppone siano “impossibili”. Se volete avvisare gli utenti riguardo a qualcosa di possibile anche se indesiderato, usare le funzioni della famiglia pr_warn(). Chi amministra il sistema potrebbe aver attivato l’opzione sysctl panic_on_warn per essere sicuri che il sistema smetta di funzionare in caso si verifichino delle condizioni “inaspettate”. (per esempio, date un’occhiata al questo commit)

Calcoli codificati negli argomenti di un allocatore

Il calcolo dinamico delle dimensioni (specialmente le moltiplicazioni) non dovrebbero essere fatto negli argomenti di funzioni di allocazione di memoria (o simili) per via del rischio di overflow. Questo può portare a valori più piccoli di quelli che il chiamante si aspettava. L’uso di questo modo di allocare può portare ad un overflow della memoria di heap e altri malfunzionamenti. (Si fa eccezione per valori numerici per i quali il compilatore può generare avvisi circa un potenziale overflow. Tuttavia, anche in questi casi è preferibile riscrivere il codice come suggerito di seguito).

Per esempio, non usate count * size come argomento:

foo = kmalloc(count * size, GFP_KERNEL);

Al suo posto, si dovrebbe usare l’allocatore a due argomenti:

foo = kmalloc_array(count, size, GFP_KERNEL);

Nello specifico, kmalloc() può essere sostituta da kmalloc_array(), e kzalloc() da kcalloc().

Se questo tipo di allocatore non è disponibile, allora dovrebbero essere usate le funzioni del tipo saturate-on-overflow:

bar = vmalloc(array_size(count, size));

Un altro tipico caso da evitare è quello di calcolare la dimensione di una struttura seguita da un vettore di altre strutture, come nel seguente caso:

header = kzalloc(sizeof(*header) + count * sizeof(*header->item),
                 GFP_KERNEL);

Invece, usate la seguente funzione:

header = kzalloc(struct_size(header, item, count), GFP_KERNEL);

Note

Se per caso state usando struct_size() su una struttura dati che in coda contiene un array di lunghezza zero o uno, allora siete invitati a riorganizzare il vostro codice usando il flexible array member.

Per altri calcoli, usate le funzioni size_mul(), size_add(), e size_sub(). Per esempio, al posto di:

foo = krealloc(current_size + chunk_size * (count - 3), GFP_KERNEL);

dovreste scrivere:

foo = krealloc(size_add(current_size,
size_mul(chunk_size,

size_sub(count, 3))), GFP_KERNEL);

Per maggiori dettagli fate riferimento a array3_size() e flex_array_size(), ma anche le funzioni della famiglia check_mul_overflow(), check_add_overflow(), check_sub_overflow(), e check_shl_overflow().

simple_strtol(), simple_strtoll(), simple_strtoul(), simple_strtoull()

Le funzioni simple_strtol(), simple_strtoll(), simple_strtoul(), e simple_strtoull() ignorano volutamente i possibili overflow, e questo può portare il chiamante a generare risultati inaspettati. Le rispettive funzioni kstrtol(), kstrtoll(), kstrtoul(), e kstrtoull() sono da considerarsi le corrette sostitute; tuttavia va notato che queste richiedono che la stringa sia terminata con il carattere NUL o quello di nuova riga.

strcpy()

La funzione strcpy() non fa controlli agli estremi del buffer di destinazione. Questo può portare ad un overflow oltre i limiti del buffer e generare svariati tipi di malfunzionamenti. Nonostante l’opzione CONFIG_FORTIFY_SOURCE=y e svariate opzioni del compilatore aiutano a ridurne il rischio, non c’è alcuna buona ragione per continuare ad usare questa funzione. La versione sicura da usare è strscpy(), tuttavia va prestata attenzione a tutti quei casi dove viene usato il valore di ritorno di strcpy(). La funzione strscpy() non ritorna un puntatore alla destinazione, ma un contatore dei byte non NUL copiati (oppure un errno negativo se la stringa è stata troncata).

strncpy() su stringe terminate con NUL

L’utilizzo di strncpy() non fornisce alcuna garanzia sul fatto che il buffer di destinazione verrà terminato con il carattere NUL. Questo potrebbe portare a diversi overflow di lettura o altri malfunzionamenti causati, appunto, dalla mancanza del terminatore. Questa estende la terminazione nel buffer di destinazione quando la stringa d’origine è più corta; questo potrebbe portare ad una penalizzazione delle prestazioni per chi usa solo stringe terminate. La versione sicura da usare è strscpy(), tuttavia va prestata attenzione a tutti quei casi dove viene usato il valore di ritorno di strncpy(). La funzione strscpy() non ritorna un puntatore alla destinazione, ma un contatore dei byte non NUL copiati (oppure un errno negativo se la stringa è stata troncata). Tutti i casi che necessitano di estendere la terminazione con NUL dovrebbero usare strscpy_pad().

Se il chiamate no usa stringhe terminate con NUL, allore strncpy() può continuare ad essere usata, ma i buffer di destinazione devono essere marchiati con l’attributo __nonstring per evitare avvisi durante la compilazione.

strlcpy()

La funzione strlcpy(), per prima cosa, legge interamente il buffer di origine, magari leggendo più di quanto verrà effettivamente copiato. Questo è inefficiente e può portare a overflow di lettura quando la stringa non è terminata con NUL. La versione sicura da usare è strscpy(), tuttavia va prestata attenzione a tutti quei casi dove viene usato il valore di ritorno di strlcpy(), dato che strscpy() ritorna un valore di errno negativo quanto la stringa viene troncata.

Segnaposto %p nella stringa di formato

Tradizionalmente, l’uso del segnaposto “%p” nella stringa di formato esponne un indirizzo di memoria in dmesg, proc, sysfs, eccetera. Per evitare che questi indirizzi vengano sfruttati da malintenzionati, tutto gli usi di “%p” nel kernel rappresentano l’hash dell’indirizzo, rendendolo di fatto inutilizzabile. Nuovi usi di “%p” non dovrebbero essere aggiunti al kernel. Per una rappresentazione testuale di un indirizzo usate “%pS”, l’output è migliore perché mostrerà il nome del simbolo. Per tutto il resto, semplicemente non usate “%p”.

Parafrasando la guida di Linus:

  • Se il valore hash di “%p” è inutile, chiediti se il puntatore stesso è importante. Forse dovrebbe essere rimosso del tutto?

  • Se credi davvero che il vero valore del puntatore sia importante, perché alcuni stati del sistema o i livelli di privilegi di un utente sono considerati “special”? Se pensi di poterlo giustificare (in un commento e nel messaggio del commit) abbastanza bene da affrontare il giudizio di Linus, allora forse potrai usare “%px”, assicurandosi anche di averne il permesso.

Potete disabilitare temporaneamente l’hashing di “%p” nel caso in cui questa funzionalità vi sia d’ostacolo durante una sessione di debug. Per farlo aggiungete l’opzione di debug “no_hash_pointers” alla riga di comando del kernel.

Vettori a dimensione variabile (VLA)

Usare VLA sullo stack produce codice molto peggiore rispetto a quando si usano vettori a dimensione fissa. Questi problemi di prestazioni, tutt’altro che banali, sono già un motivo valido per eliminare i VLA; in aggiunta sono anche un problema per la sicurezza. La crescita dinamica di un vettore nello stack potrebbe eccedere la memoria rimanente in tale segmento. Questo può portare a dei malfunzionamenti, potrebbe sovrascrivere dati importanti alla fine dello stack (quando il kernel è compilato senza CONFIG_THREAD_INFO_IN_TASK=y), o sovrascrivere un pezzo di memoria adiacente allo stack (quando il kernel è compilato senza CONFIG_VMAP_STACK=y).

Salto implicito nell’istruzione switch-case

Il linguaggio C permette ai casi di un’istruzione switch di saltare al prossimo caso quando l’istruzione “break” viene omessa alla fine del caso corrente. Tuttavia questo rende il codice ambiguo perché non è sempre ovvio se l’istruzione “break” viene omessa intenzionalmente o è un baco. Per esempio, osservando il seguente pezzo di codice non è chiaro se lo stato STATE_ONE è stato progettato apposta per eseguire anche STATE_TWO:

switch (value) {
case STATE_ONE:
        do_something();
case STATE_TWO:
        do_other();
        break;
default:
        WARN("unknown state");
}

Dato che c’è stata una lunga lista di problemi dovuti alla mancanza dell’istruzione “break”, oggigiorno non permettiamo più che vi sia un “salto implicito” (fall-through). Per identificare un salto implicito intenzionale abbiamo adottato la pseudo parola chiave ‘fallthrough’ che viene espansa nell’estensione di gcc __attribute__((fallthrough)) Statement Attributes. (Quando la sintassi C17/C18 [[fallthrough]] sarà più comunemente supportata dai compilatori C, analizzatori statici, e dagli IDE, allora potremo usare quella sintassi per la pseudo parola chiave)

Quando la sintassi [[fallthrough]] sarà più comunemente supportata dai compilatori, analizzatori statici, e ambienti di sviluppo IDE, allora potremo usarla anche noi.

Ne consegue che tutti i blocchi switch/case devono finire in uno dei seguenti modi:

  • break;

  • fallthrough;`

  • continue;

  • goto <label>;

  • return [expression];

Array di lunghezza zero o con un solo elemento

All’interno del kernel ricorre spesso la necessita di avere membri di dimensione variabile all’interno di una struttura dati. In questi casi il codice del kernel dovrebbe usare sempre i “flexible array member”. La tecnica degli array a lunghezza nulla o di un solo elemento non dovrebbe essere più usata.

Nel codice C più vecchio, la dichiarazione di un membro di dimensione variabile in coda ad una struttura dati veniva fatto dichiarando un array di un solo elemento posizionato alla fine della struttura dati:

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[1];
};

Questo ha portato ad un calcolo di sizeof() traballante (dovrebbe rimuovere la dimensione del singolo elemento in coda per calcolare la dimensione esatta dell’ “intestazione”). Per evitare questi problemi è stata introdotta un’ estensione a GNU C che permettesse la dichiarazione di array a lungezza zero:

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[0];
};

Ma questo ha portato nuovi problemi, e non ha risolto alcuni dei problemi che affliggono entrambe le tecniche: per esempio l’impossibilità di riconoscere se un array di quel tipo viene usato nel mezzo di una struttura dati e _non_ alla fine (potrebbe accadere sia direttamente, sia indirettamente quando si usano le unioni o le strutture di strutture).

Lo standard C99 introduce i “flexible array members”. Questi array non hanno una dimensione nella loro dichiarazione:

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[];
};

Questo è il modo con cui ci si aspetta che vengano dichiarati gli elementi di lunghezza variabile in coda alle strutture dati. Permette al compilatore di produrre errori quando gli array flessibili non si trovano alla fine della struttura dati, il che permette di prevenire alcuni tipi di bachi dovuti a comportamenti inaspettati. Inoltre, permette al compilatore di analizzare correttamente le dimensioni degli array (attraverso sizeof(), CONFIG_FORTIFY_SOURCE, e CONFIG_UBSAN_BOUNDS). Per esempio, non esiste alcun meccanismo in grado di avvisarci che il seguente uso di sizeof() dia sempre come zero come risultato:

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[0];
};

struct something *instance;

instance = kmalloc(struct_size(instance, items, count), GFP_KERNEL);
instance->count = count;

size = sizeof(instance->items) * instance->count;
memcpy(instance->items, source, size);

Il valore di size nell’ultima riga sarà zero, quando uno invece si aspetterebbe che il suo valore sia la dimensione totale in byte dell’allocazione dinamica che abbiamo appena fatto per l’array items. Qui un paio di esempi reali del problema: collegamento 1, collegamento 2. Invece, i flexible array members hanno un tipo incompleto, e quindi sizeof() non può essere applicato; dunque ogni uso scorretto di questo operatore verrà identificato immediatamente durante la compilazione.

Per quanto riguarda gli array di un solo elemento, bisogna essere consapevoli che questi array occupano almeno quanto lo spazio di un singolo oggetti dello stesso tipo, e quindi contribuiscono al calcolo della dimensione della struttura che li contiene. In questo caso è facile commettere errori quando si vuole calcolare la dimensione totale della memoria totale da allocare per una struttura dati:

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[1];
};

struct something *instance;

instance = kmalloc(struct_size(instance, items, count - 1), GFP_KERNEL);
instance->count = count;

size = sizeof(instance->items) * instance->count;
memcpy(instance->items, source, size);

In questo esempio ci siamo dovuti ricordare di usare count - 1 in struct_size(), altrimenti avremmo --inavvertitamente-- allocato memoria per un oggetti items in più. Il modo più pulito e meno propenso agli errori è quello di usare i flexible array member, in combinazione con struct_size() e flex_array_size():

struct something {
        size_t count;
        struct foo items[];
};

struct something *instance;

instance = kmalloc(struct_size(instance, items, count), GFP_KERNEL);
instance->count = count;

memcpy(instance->items, source, flex_array_size(instance, items, instance->count));

Ci sono due casi speciali dove è necessario usare la macro DECLARE_FLEX_ARRAY() (da notare che la stessa macro è chiamata __DECLARE_FLEX_ARRAY() nei file di intestazione UAPI). Uno è quando l’array flessibile è l’unico elemento di una struttura, e l’altro quando è parte di un unione. Per motivi non tecnici, entrambi i casi d’uso non sono permessi dalla specifica C99. Per esempio, per convertire il seguente codice:

struct something {
    ...
    union {
        struct type1 one[0];
        struct type2 two[0];
    };
};

La macro di supporto dev’essere usata:

struct something {
    ...
    union {
        DECLARE_FLEX_ARRAY(struct type1, one);
        DECLARE_FLEX_ARRAY(struct type2, two);
    };
};